Grazie, Presidente. È certo, per le cose che sono state dette negli interventi che mi hanno preceduto, che la vitivinicoltura italiana rappresenta una chiave del successo del nostromade in. L’export è in costante crescita, soprattutto in valore, e questo è bene soprattutto sui vini a denominazione, e avviene in un mercato che è sempre più competitivo, perché ai Paesi che storicamente sono produttori di vino, come la Francia e la Spagna, si aggiungono nuove realtà emergenti, come il Cile, il Sudafrica, l'Australia, la California. Perciò uno degli obiettivi che questo testo unico si dà è quello di dotare il settore, dal ciclo della coltivazione della vite, nella vigna, alla commercializzazione, di un impianto normativo chiaro e innovativo, al fine di rendere più competitivo un settore che sta dando i numeri che prima venivano ricordati.
I temi toccati sono quelli della semplificazione e del riordino normativo, dell'innovazione tecnologica, della tutela delle eccellenze e della valorizzazione del made in Italy. Casualmente, il testo arriva in Aula in questo 2016, dopo un lungo costruttivo confronto fra i gruppi parlamentari e con la filiera interessata. In questo 2016 ricorrono casualmente molte ricorrenze che riguardano il vino: vi è quella del 1716, l'editto di Cosimo III, Granduca di Toscana, che, con la dichiarazione dei confini del Chianti, Pomino, Carmignano e del Valdarno, traccia storicamente quella che potrebbe essere definita la prima DOC del mondo. Ricorre l'anniversario dei cinquant'anni dal 1966, quando nascevano le prime DOC, e quindi il nostro Paese faceva la scelta dell'identità territoriale, del valore che associa un prodotto al territorio che lo esprime.
Ma c’è anche il tragico 1986 per il vino italiano, quello dello scandalo del metanolo. È quella vicenda che fa assumere al Paese la consapevolezza nuova rispetto alle produzioni agroalimentari, non solo sul contrasto alle sofisticazioni, ma anche della strada della qualità delle produzioni, talvolta a scapito della quantità. È da lì che parte il Rinascimento del vino italiano, che ci conduce ai livelli quantitativi e qualitativi che oggi conosciamo. Sono anche io per ricordare qualche dato: nel 1986 l'Italia produceva 77 milioni di ettolitri, nel 2015 ne ha prodotti 47, quindi un 40 per cento in meno. Ma, in valore nominale, nel 1986 il vino valeva 4 miliardi, oggi vale circa 10 miliardi, e il 50 per cento è legato alla esportazione. Nell'indice di qualità si è fatto un salto dal 1989 al 2014 di 76 punti in percentuale. E questo non vale solo per il vino, che oggi si afferma come leader europeo in termini di denominazioni e di indicazioni geografiche, ma lo si può ritrovare anche per tutto il settore agroalimentare, che, anche qui, con le sue oltre 280 denominazioni – non do il numero preciso, perché di mese in mese le denominazioni di origine o di indicazione geografica aumentano –, fa essere il nostro Paese il primo in Europa, con un valore del nostro export alimentare che ha toccato i 37 miliardi. Quindi, l'obiettivo che si vuole raggiungere con questo testo unico è quello di introdurre una forte semplificazione, ma che, al tempo stesso, tutela quantità, qualità e sicurezza di ciò che produciamo, e da qui la corposità del testo che portiamo in Aula, che trova un giusto equilibrio fra norme che entrano, che potranno entrare in azione, all'indomani della sua approvazione, con altri atti delegati al Governo.
C’è un'altra parte di questa legge che riguarda il riconoscimento del vino come patrimonio culturale nazionale, perché il vino è appunto questo per il nostro Paese: è centrale per l'economia, ma racconta anche molto della cultura e della storia nazionale. Da tempo ormai il vino non è più esclusivamente un alimento, qualcosa che apporta calorie al fabbisogno dell'uomo per le sue attività e per il proprio sostentamento, ma è un prodotto che accresce il suo valore, se oggi sa raccontare una storia, se rappresenta un pezzo di quella straordinaria biodiversità che caratterizza la nostra penisola e che vede, tra l'altro, tanti nostri paesaggi vitati essere riconosciuti come patrimonio universale dall'UNESCO. Lo è se valorizza un tessuto sociale, una civiltà rurale che caratterizza il Paese. È quello che i francesi chiamano il terroir, cioè che ha un ambiente fisico e biologico in cui avviene una coltivazione.
C’è anche una forte componente umana a renderla tale. Insomma, noi, con questo testo unico e con le altre norme che abbiamo messo in campo per valorizzare il vino italiano, vogliamo raggiungere quell'obiettivo per cui Hemingway, che era uno che se ne intendeva, ricordava che il vino è uno dei maggiori segni di civiltà del mondo. Bene, penso che l'Italia abbia la storia, abbia la capacità professionale e, oggi, anche un impianto normativo utile a dimostrarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Discussione sulle linee generali
Data:
Lunedì, 19 Settembre, 2016
Nome:
Luca Sani